sabato 24 febbraio 2007

Primarie

Con rammarico prendiamo atto di un ripensamento, nel centro-sinistra, sullo strumento da utilizzare per la scelta del candidato sindaco. In un momento emblematico di crisi politica, non ricorrere, al coinvolgimento dal basso dei cittadini attraverso le primarie è un duro colpo alla democrazia: a quella sostanziale e non solo di facciata perché, non dimentichiamolo, la democrazia non è solo una bella parola con cui riempirsi orgogliosamente la bocca.

Abbiamo condiviso la scelta delle primarie perché riteniamo che a questa comunità fosse necessario offrire una possibilità di protagonismo decisionale per uscire dalla logica della fredda delega partitocratica, dal disimpegno e dall’indifferenza alla cosa pubblica. Certo, i partiti non devono rinunciare al loro ruolo di cerniera tra società e istituzioni ma devono sapere quando lasciare spazio alle esigenze della comunità. Inoltre devono essere capaci di modificare se stessi perché la partecipazione diventi pratica politica per rompere individualismi e creare un fertile tessuto sociale, solida base su cui costruire e scrivere le pagine del futuro.

Per un forte senso di responsabilità politica, civica e soprattutto morale, il Partito della Rifondazione Comunista è e sarà leale nei confronti dell’intera Unione e non farà mancare il suo appoggio al candidato sindaco nella “battaglia” elettorale. Una responsabilità nei confronti non solo del centro-sinistra, ma della comunità tutta che necessita di un cambiamento radicale (è bene sottolinearlo nonostante il termine possa essere forte per qualcuno) per sfuggire all’oblio e al mal governo che da anni attanaglia Ferrandina.

Ci impegneremo affinché quanto detto animi il criterio per la elaborazione del programma e della lista dell’Unione e che sia l’elemento distintivo della prossima amministrazione comunale.

sabato 3 febbraio 2007

Rifondazione Comunista fuori dalla maggioranza regionale

La Basilicata celebrata con ottimismo tanto fatuo quanto irresponsabile come isola felice, soffre una condizione di decadenza. Le classi dirigenti dovrebbero rappresentarne la cura, sono invece la malattia.
I documenti della Finanziaria e di Bilancio della Regione forniscono una mappa delle contraddizioni tra interessi privilegiati e bisogni negati. Quote di spesa pubblica vengono investite nella produzione di consenso, per l’incremento della produttività elettorale e della ricchezza di ceti e lobbies che fanno blocco intorno alla spesa pubblica, in cui agiscono da cerniera o da operatori in proprio molti componenti degli apparati politici e burocratici. Insomma “la fragile egemonia della borghesia lucana” persevera in una storia che si è svolta nel corso dei secoli e degli ultimi decenni a ridosso del clero, delle rendite, e, di recente, anche di uno scambio politico-affaristico.
Questo è lo sfondo della crisi ormai in fase acuta, in cui tutti, chi con la convinzione incauta e persino stupida di starci ottimamente, chi con la preoccupazione e responsabilità operanti e insieme frustrate di doverne uscire, pena una comune rovina, tutti, dicevamo, siamo immersi.
Solo una boria delirante potrebbe ispirare la pretesa, da parte di un partito, di farcela da solo o di possedere poteri salvifici, ma sarebbe altresì un segno di pigrizia politica e morale non manifestare in modo franco e piano i rischi che si percepiscono.
In Basilicata molti soldi sono già stati spesi, e tanti altri ne stanno per arrivare.
La condizione economica, sociale e culturale della nostra regione è arcinota: disoccupazione, precarietà, deficit di autonomia, povertà schiacciano soprattutto i giovani, le donne, gli anziani insieme all’ identità, alle tradizioni e al senso comunitario (l’Agip, la Fiat, la Coca cola decidono, sulla base delle convenienze proprie alle multinazionali, la destinazione e l’uso del nostro territorio e delle nostre risorse naturali). Ecco perché i soldi pubblici debbono essere spesi in modo programmato, produttivo e democratico, cioè con la partecipazione reale dei lavoratori, dei giovani, delle donne sia nella fase delle scelte sia in quella della verifica dei risultati. Ma c’è ancora un’altra e forse più forte ragione: i soldi sono molti e la popolazione è piccola. Si potrebbe aprire un mercato e una eterodirezione delle menti e delle coscienze. Si andrebbe verso un destino di lunga inerzia civile.
Sono insostenibili, perciò, i ripetuti e interessati rinvii in ordine alla riduzione e alla riforma degli enti che gestiscono la spesa e i servizi (in particolare le ASL, le comunità montane e i molti enti inutili, anzi convenienti per pochi). Non gioverebbe alla vita civile e democratica della Basilicata il coinvolgimento del PRC in pesanti responsabilità, senza un ruolo di reale influenza nel quale far valere le sue valutazioni
Gli argomenti precedenti, non ispirati da interessi particolaristici, frutto di valutazioni maturate nel corso ormai di 2 anni, in cui si è consumata un’esperienza di rinvii, di impegni disattesi, di decisioni assunte in modo separato dal “Superpartito” (DS, Margherita e Udeur), confermati dagli ostinati rifiuti opposti in sede di finanziaria, rappresentano le ragioni forti su cui si fonda la decisione del PRC di uscire dalla maggioranza che sostiene il governo regionale. Vorremmo dire a coloro i quali hanno pronta sulla lingua l’accusa di “moralisti” che la trasparenza non attiene, o non attiene soltanto, alla sfera etica, ma soprattutto a quella economico-sociale.
Resta l’impegno di partecipare in modo ostinato, ma non fazioso, alla riapertura di una fase, in cui nuovi contenuti, nuove pratiche e nuovi assetti di governo segnino una svolta rispetto al passato e si pongano all’altezza dei bisogni e delle risorse del popolo lucano.


Segreteria Regionale PRC